Il diplomato che vorrei
Intervista a Stefano Sacchetti, titolare della SBF Consulting, che ha selezionato una diplomata attraverso il servizio Placement di AlmaDiploma
“AlmaDiploma è uno strumento facile e veloce che ci ha permesso di entrare in contatto con il mondo della scuola restituendoci un profilo dei diplomati in base alle caratteristiche ricercate”. A parlare è il dottor Stefano Sacchetti, titolare della SBF Consulting, che ha recentemente assunto una diplomata, Rita Martelli, dell'Istituto Tecnico di Peano di Firenze utilizzando proprio il servizio Placement di AlmaDiploma.
La SBF Consulting è un’associazione professionale con sede nel capoluogo fiorentino che si occupa a 360° e in ottica internazionale di tutte le attività relative a consulenza e contabilità, tra cui assistenza tributaria e contabile, dichiarazioni fiscali, gestione contabile, consulenze per finanziamenti alle imprese e in materia di organizzazione aziendale.
Dottor Sacchetti, in base a quali caratteristiche avete ricercato il candidato prescelto?
“Avevamo bisogno di un giovane diplomato in ragioneria che avesse anche una buona conoscenza delle lingue, soprattutto l’inglese, perché operiamo anche con molte realtà internazionali. Grazie all’utilizzo dello strumento placememt di AlmaDiploma abbiamo ricevuto, in modo semplice e veloce, direttamente dall'Istituto Tecnico di Peano una rosa di candidati selezionati in base alle caratteristiche richieste. Nel giro di tre o quattro incontri abbiamo avuto modo di conoscere i ragazzi e di scegliere così la figura più attinente al profilo ricercato. Oggi Rita Martelli, lavora con un contratto di apprendistato nella nostra società e sta imparando passo dopo passo a muoversi nel mondo della consulenza e della contabilità”.
Le competenze trasversali quanto sono importanti per lavorare nel mondo della consulenza?
“Sono fondamentali. Nel nostro Studio, presente da vent’anni, lavoriamo tutti in stretta sinergia e in un settore come quello della consulenza dove, oltre alle abilità pratiche e alle conoscenze tecniche, contano moltissimo anche la capacità di relazione, di lavoro in team working, di comunicazione con i colleghi e con tipologie di clienti differenti, aziende e privati di diverse nazionalità. Pertanto, quando svolgiamo un colloquio, per qualsiasi tipo di ruolo, oltre al background formativo o professionale del candidato e al di là delle conoscenze specifiche, teniamo in grande considerazione le competenze trasversali. Cerchiamo, in altre parole, di capire se il giovane che abbiamo davanti ha voglia di apprendere, oppure no”.
Nella selezione di giovani candidati ha riscontrato delle carenze?
“L’aspetto più importante è la conoscenza delle lingue, oggi l’inglese è fondamentale per entrare nel mondo del lavoro, ma nelle nostre scuole e università o non si insegna o, se si insegna, il più delle volte non è considerato una materia portante ma uno studio opzionale. Basti pensare che molti insegnanti di lingua non sono madrelingua. Ma come può un giovane imparare a parlare e scrivere in inglese se non fa pratica con un docente madrelingua o se non svolge soggiorni di studio all’estero?”.
E in quanto a pratica, come giudica la formazione impartita tra i banchi?
“Il tema della conoscenza delle lingue straniere rientra in un problema più ampio che ha a che fare con l’organizzazione della formazione nel suo complesso. Nelle nostre scuole mancano due elementi fondamentali: conoscenze pratiche ed esperienze sul campo. A questo si aggiungono lo sviluppo delle cosiddette soft skills. I nostri giovani sono infatti bravissimi nella teoria, ma per nulla preparati ad affrontare il mercato del lavoro, a relazionarsi con i colleghi o con i clienti. Imparano tutto direttamente in azienda. Da questo punto di vista, serve una didattica che prepari meglio i giovani anche al mondo del lavoro, a maggior ragione in momento storico ed economico come quello attuale e soprattutto se si è scelto un indirizzo tecnico o professionale con l’obiettivo di imparare a fare un mestiere”.
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